relazione dell’esperto non necessita per fusioni e
scissioni, se consenzienti tutti i soci
04.11.2001
Non è necessaria la relazione
dell'esperto sulla congruità del rapporto di cambio, ai sensi dell’art.
2501-quinquies,c.c., allorché tutti i soci delle società partecipanti alla
fusione o alla scissione vi abbiano rinunciato, e di ciò si faccia constare nei
relativi verbali assembleari, ferma restando l’eventuale applicabilità
dell’art. 2343, c.c.
La massima recepisce un
recente decreto della Corte d’Appello di Milano (App. Milano, decr.
12.01.2001),
specificandone alcuni profili sistematici ed applicativi, estesi anche all’istituto
della scissione.
La competenza a stabilire il
rapporto di cambio, in caso di fusione e scissione, spetta all'organo
amministrativo, che provvede a darne illustrazione e giustificazione ai soci a
mezzo della propria relazione. L'intervento dell'esperto che redige la
relazione peritale prevista dall'art 2501-quinquies, c.c. (richiamato in tema
di scissione dall'art. 2504-novies, c.c.) consiste quindi nel fornire ai soci
un parere sulla congruità delle valutazioni e determinazioni dell'organo
amministrativo.
I soci, così come possono
approvare l'operazione straordinaria nel caso l'esperto rilasci giudizio
sfavorevole, possono validamente rinunciare alla redazione stessa della
relazione peritale, in quanto unici titolari – come affermato in giurisprudenza
– del "potere di valutazione dell'idoneità dei mezzi prescelti a presidio
degli interessi di cui sono portatori", in coerenza con l'indirizzo che
considera derogabili, sempre per volontà esclusiva della compagine sociale, i
termini di cui agli articoli 2501-bis e 2501-sexies,c.c..
L'ordinamento infatti tutela
diversamente l'interesse dei terzi, consentendo ai creditori sociali di
interporre opposizione all'operazione in corso (art. 2503, c.c.) e disponendo
addirittura – in tema di scissione – la responsabilità solidale di ciascuna
delle società coinvolte nel procedimento, secondo quanto previsto dall'art.
2504-decies, comma 2,c.c..
Né sembra
possibile pervenire a diversa conclusione avuto riguardo a paventati pregiudizi
di altre categorie di terzi – i creditori particolari del socio e l'erario –
dipendenti da eventuali inadeguatezze del rapporto di cambio formato dagli
amministratori.
A questo
proposito è opportuno richiamare, in via preliminare, l'opinione
giurisprudenziale secondo cui l'entità della partecipazione assegnata con il
rapporto di cambio dipende "anche da valutazioni inerenti a nuovi
equilibri aziendali o a prospettive legate al diverso assetto, che non possono
trovare, necessariamente, riscontri di natura contabile-estimativa" (App. Milano, decr.
12.01.2001, cit.).
Per quanto più
specificatamente attiene alla posizione delle due categorie sopra indicate, la
stessa giurisprudenza opportunamente nota che:
a)
i creditori particolari del singolo socio, come nelle più disparate
possibili ipotesi in cui questi compia atti di disposizione su partecipazioni
sociali di cui è titolare, troveranno tutela in forza degli istituti generali
volti ad eliminare gli effetti di atti comportanti pregiudizio e lesione del
patrimonio del debitore;
b)
eventuali spostamenti di ricchezza a titolo gratuito perseguiti con la
fusione determinano – in presenza di effetti elusivi od evasivi – l'esercizio
del potere accertativo dell'Amministrazione finanziaria, ma non si riflettono
sulla validità della deliberazione".
Sotto quest'ultimo profilo
l'opinione dei giudici acquista ulteriore credito avuto riguardo alla nuova
regolamentazione che la recente legislazione fiscale ha introdotto in relazione
alla traslazione di utilità attuata per via indiretta.
La possibilità di rinunciare
alla relazione degli esperti sul rapporto di cambio, del resto, appare
consentita dalla disciplina comunitaria, contenuta nella terza direttiva in
materia societaria, come risulta implicitamente dall’art. 28 della direttiva
(laddove si rende superflua la relazione anche contro il consenso di una
minoranza dei soci, in presenza del loro diritto di vendere le proprie azioni)
e come viene altresì confermato dalla legislazione tedesca, che prevede
espressamente la rinuncia alla relazione degli esperti sulla congruità del
rapporto di cambio, col consenso unanime di tutti i soci (§ 12, Abs. 3,
Umwandlungsgesetz).
Il diritto dei soci di
apprezzare autonomamente l'operato degli amministratori, prescindendo dal
conforto peritale, ha tuttavia natura individuale, restando sottratto al
principio maggioritario. Pertanto la volontà di rinunciare alla relazione degli
esperti dovrà essere dichiarata da tutti i soci e – più in generale – dai
portatori di diritti anche parziali sulle partecipazioni sociali, ed essere
attestata, nel verbale assembleare, da parte del presidente della riunione.
Le considerazioni di cui
sopra lasciano impregiudicato il problema dell’eventuale necessità della stima
ai sensi dell’art. 2343, c.c., volta alla tutela di interessi anche di terzi
non soci.
Pur escludendo che la
fusione e la scissione richiedano in ogni caso la redazione della stima
prevista dall’art. 2343, c.c., rimane comunque da valutare se e quando – anche
tenuto conto dei noti orientamenti giurisprudenziali, con specifico riferimento
alle massime del Tribunale di Milano 11.1989, in Riv. soc., 1989, pag. 1118 sgg.;
30.09.1994, in Riv. soc., 1995, pag. 278; 27.03. 1996, in Riv. soc.,
1996, pag. 269 – le modalità di attuazione dell’operazione impongano la
redazione della stima, a prescindere dall’unanime rinunzia dei soci alla
relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio.